mercoledì 11 marzo 2020

GIORNO 1: SMART WORKING


Miriam 1 - Andre, mentre voi siete al giorno 15 (?) qui per noi è come se fossimo al giorno 1. È il primo giorno che ho visto una consapevolezza nuova negli occhi di chi incrociavo. Pensa che sul set oggi indossavano tutti guanti e mascherina. È strano quello che succede: la percezione del pericolo di questo virus arriva tutta d’un tratto, come un’ombra che ti assale senza preavviso. Eppure io sono la stessa che all’inizio minimizzava, trovava tutto “esagerato “. Ora guardo a chi dice lo stesso con la convinzione che molto prima di quanto possa pensare cambierà idea sull’emergenza, e la cambierà per sempre. Oggi Fabrizietto è scoppiato a piangere, non si spiega come mai non può uscire di casa. Forse stiamo esagerando, forse noi che siamo privilegiati, che non abbiamo mai vissuto una guerra sulla nostra pelle, stiamo ingigantendo le cose. Forse noi, che siamo nati nel lato giusto del mondo, ora non abbiamo la corazza dura per situazioni come queste. Cosa credi che succederà nei prossimi giorni? Pensi che questa nuova condizione ci porterà ad essere più solidali o a giocare al “ tutti contro tutti”? Sono spaventata, più per l’impatto sociale che per il virus in sè. Forse. Forse, perché ora non so più nulla. 

Andrea 1 – Quello che so qui, ora, è smart, working: la flessibilità che diventa costrizione. Un ossimoro, una stranezza, un’altra abitudine che cambia velocemente. Il lavoro flessibile, la possibilità di lavorare un giorno da casa, senza dover andare in ufficio, che si è trasformata in poche ore da beneficio saltuario all’unico, costante modo per continuare a sentire il contatto col mondo di ieri. Quello in cui esistevano colleghi a cui stringere la mano, offrire un caffè e iniziare la giornata insieme. Quel mondo di cui spesso ci siamo lamentati, quel mondo di 24h fa, che già mi manca. Oggi ho ricevuto su whatsapp un’immagine con su scritto: “Ricordiamoci che ai nostri nonni è stato chiesto di andare in guerra. A noi stanno chiedendo di restare sul divano”. Tra me e i miei nonni ci sono i nostri genitori, quelli a cui avevamo appena insegnato a connettersi con il mondo attraverso i social e che oggi, invece, forziamo a stare nelle case davanti a Rai1 o a Canale, perché Netflix non abbiamo avuto ancora il tempo di insegnarglielo e Sky, per loro che hanno sempre risparmiato, costa troppo.